Perché l’accordo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran è a rischio

(Foto: Win McNamee/Getty Inmages)

I rapporti sono ormai logorati. Lo scambio di accuse tra Stati Uniti e Iran sul rispetto da parte di Teheran dell’accordo di non proliferazione del nucleare firmato nel 2015 con le nazioni del cosiddetto gruppo 5+1 (Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia) ha riportato le lancette dell’orologio a prima dell’intesa di Vienna e del clima distensivo voluto dall’amministrazione Obama. L’attuale inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, è pronto a decertificare il patto davanti al Congresso. Il Washington Post ha ricostruito la strategia d’azione del presidente degli Stati Uniti.

Il 15 ottobre Trump dovrà dichiarare ufficialmente se l’Iran stia rispettando l’accordo sul nucleare. Le fonti del Washington Post indicano che il presidente ha tutta l’intenzione di affermare che no, Teheran non sta facendo la sua parte.

Trump non ha mai nascosto di voler rivedere l’accordo siglato dal suo predecessore. Lo ha definito “il peggiore possibile” e un imbarazzo” per gli Stati Uniti. Il presidente, inoltre, sottolinea che a prendere l’impegno è stata un’amministrazione ormai non più al governo e il Congresso non è mai stato chiamato a ratificare l’intesa. La decertificazione dell’accordo, musica per le orecchie del partito repubblicano, non comporterà in automatico il ritorno alle sanzioni. Toccherà al Congresso esaminare la bocciatura del presidente e decidere, entro due mesi, se tornare sui propri passi e applicare le sanzioni. Lo scenario è aperto, ma questo non significa che la decisione di Trump non stia provocando una frattura nella politica internazionale.

La Casa Bianca fa pressioni su Teheran. Nel mirino sono finiti il programma missilistico dell’Iran, difeso dal presidente Hassan Rohani, l’intervento militare in Siria a fianco del presidente, Bashar al-Assad, e il sostegno a gruppi terroristi come Hezbollah. Il partito repubblicano, inoltre, spinge per rinsaldare i rapporti con lo storico alleato Israele e il primo ministro Benjamin Netanyahu è un ostinato avversario dell’intesa di Vienna. Quindi, di fronte a una decertificazione del presidente Trump, la maggioranza conservatrice avrebbe gioco facile a far naufragare l’accordo e a ristabilire le sanzioni.

Di nuovo la strategia di Trump è una tattica isolazionista. Il presidente gioca la sua partita, senza curarsi degli equilibri internazionali definiti alle Nazioni unite e nel gruppo dei 5+1, né del lavoro dei dipartimenti di Washington. Il segretario di Stato Rex Tillerson è contrario alla politica di the Donald. Tanto che la sua poltrona è in bilico. Il politico vorrebbe evitare che Trump ottenga la cancellazione della clausola sunset (il tramonto), che prevede la fine degli obblighi dell’Iran a 14 anni dalla firma dell’accordo. Come ha ricostruito la Stampa, per Cina, Russia e gli Stati europei gli argomenti di Trump non reggono. In questo modo ogni accordo firmato da governi precedenti potrebbe essere oggetto di discussione. Se anche Trump scegliesse la linea morbida sull’Iran, la strada ormai è segnata: con Washington sempre più sola e sempre più schizofrenica in politica estera, tutti gli equilibri internazionali sono ormai in discussione.

Fonte: WIRED.it